L'età contemporanea: la battaglia del 1812 e il Novecento
per secoli, Villaputzu fu sottoposta al feudalesimo che favorì l'isolamento e l'arretratezza nonché ai saccheggi di pirati saraceni provenienti dall'Africa; la situazione migliorò lentamente dopo l'Unità d'Italia, anche grazie all'opera del deputato Scano
Dopo la fine del Medioevo, Villaputzu e il resto della Sardegna continuarono ad essere
amministrati secondo un regime feudale che favorì l’isolamento e l’arretratezza: in questo contesto, la periodica e
sistematica piaga delle incursioni di
pirati saraceni provenienti dal Nord Africa rappresentò lo spauracchio per
generazioni di sardi, costretti a vivere con la paura tanto di carestie quanto di
invasioni dal mare. Gli amministratori spagnoli decisero quindi di approntare
una sistema difensivo di torri di avvistamento che risultò decisivo in
occasione della battaglia del 20 luglio
1812, quando a San Giovanni e Colostrai i predoni africani all’assalto furono
ricacciati in mare da una guarnigione militare e dalla popolazione locale.
Vista la pericolosità del mare aperto, non deve stupire che
la pesca venisse effettuata
soprattutto in acque interne come quelle di lagune, fiumi e canali, dove gli
uomini erano al sicuro dalle incursioni barbare. Fino ad un’epoca relativamente
recente, il Comune di Villaputzu era solito concedere le acque del Flumendosa, della foce del fiume Quirra e di "Is Filus de is Murgias” ai
pescatori locali dietro contratti di lunga durata.
Il crollo del Feudalesimo e l’Unità d’Italia non furono sufficienti a far uscire la zona dall’isolamento: si dovette aspettare il Novecento, per avere un lento e costante miglioramento socio-economico. Significativo in tal senso lo scambio di missive del 1906 - 1907 fra il deputato Scano e il sindaco di Villaputzu, il quale lamentava i ritardi relativi alla sistemazione dei corsi d’acqua e alla riparazione di ponti e strade distrutte dalle frequenti alluvioni.